L’articolo sulle Costellazioni Familiari è stato pubblicato sul sito www.perfettaletizia.it
Premessa
Bert Hellinger parla in termini di psicologia, e ci sarebbe solo da ragionare di differenze tra scuole. Non si tratta, tuttavia, di semplice scuola di psicologia, ma di molto altro, che fa da strato di base. Per questo è necessario procedere con calma. Il modo scelto, e credo l’unico possibile, è quello di percorrere il cammino di Bert Hellinger. Le sorprese, per chi credeva in un semplice processo di terapia psichica, non sono poche. L’estensione di questo lavoro vuole fornire gli elementi perché il lettore possa formulare un adeguato giudizio.
Cenni biografici dell’autore delle Costellazioni
Bert Hellinger, nasce in Germania da una famiglia cattolica. A 10 anni entrò in un collegio cattolico diretto dai padri della Congregazione Missionaria di Mariannhill, congregazione fondata in Sud Africa. La chiamata nell’esercito (1942) lo sottrasse all’attenzione della Polizia segreta di Stato, visto che non partecipava agli incontri della Gioventù Hitleriana, e per di più era iscritto ad un’associazione cattolica proibita dal regime.
Inviato nel fronte occidentale (Francia), venne fatto prigioniero (1945) dalle truppe alleate e condotto in un campo di prigionia in Belgio. Riuscì a fuggire e a ritornare in Germania in modo avventuroso. Di questo passato militare Hellinger non ne parlò, come se fosse una parentesi estranea a sé o troppo riguardante il sé.
Aveva 20 anni, la Germania era un paese sconfitto e distrutto. Scelse di entrare nella Congregazione Missionaria di Mariannhill, che già conosceva, giungendo all’ordinazione sacerdotale nel 1952. Il suo nome di battesimo, Anton Hellinger, gli venne cambiato in Suitbert, con la conseguente abbreviazione in Bert, che conservò.
Venne inviato in Sud Africa missionario presso gli Zulù restandovi fino al 1968. Fu parroco, docente, direttore di un istituto scolastico, responsabile delle 150 scuole del distretto diocesano. Un uomo di cultura notevole.
L’anno 1960 di Bert Hellinger
Nel 1960 la vita di Bert Hellinger ebbe una svolta, partecipando a una serie di corsi di dialogo ecumenico e interraziale, organizzati dal clero anglicano. Gli incontri erano caratterizzati da un’attenzione fenomenologica sull’uomo, per andare oltre le differenze etniche e religiose, e spianare gli incontri in una relazione libera da preconcetti o paure, senza per questo far venire meno le differenze. C’erano anche momenti di lavoro di gruppo per sviluppare le capacità relazionali, senza la paura di perdere le proprie autentiche identità.
Gli incontri avvenivano nel quadro della situazione sociale dell’apartheid, che segregava le popolazioni indigene di fronte al conquistatore inglese, per cui si comprende bene il taglio degli incontri.
L’evangelizzazione trovava nell’apartheid un ostacolo formidabile.
Una domanda provocatoria, da parte di uno dei conduttori degli incontri, colpi padre Bert [1]: “Cos’è più importante per voi? I vostri ideali o l’essere umano? Chi sacrifichereste per l’altro?”. La domanda cercava di smuovere dai pregiudizi, dalle costruzioni difensive, dalle concezioni egoistiche, chiamate “I vostri ideali”, non certo avviare alla rinuncia del Vangelo.
Sacrificare l’essere umano sarebbe sacrificare proprio la Persona di Cristo, vero Dio e vero uomo, venuto a vivere tra di noi senza darsi nessuna vita di eccezione. La domanda non conteneva alcun elemento tale da determinare uno sbandamento anticristiano.
Padre Bert rifletté molto sulla domanda, orientandosi alle persone, facendo coincidere però “i vostri ideali” con le verità di fede. Un errore, perché il cristianesimo non è un pacchetto di verità da credere, ma l’incontro con una persona, che è Cristo (Gv 1,14): “Pieno di grazia e di verità”.
Padre Bert giunse ad affermare che “il sacro è ovunque”, con la conseguenza che le azioni sacre Zulù potevano essere compresenti alla celebrazione Eucaristica, e questo di fatto lo fece, perché si interessò di Teosofia, che vede nelle religioni una base comune, una sapienza originaria unica, diventata però frammentata e scomposta, e che la teosofia conduceva a riscoprire. Per questo incoraggiava lo studio comparato delle religioni. La teosofia aveva l’intento di attuare una fratellanza universale tra gli uomini, al di là di ogni possibile divisione.
Padre Bert Hellinger si trovò, e fu trovato, in contraddizione con la sua scelta e dopo otto anni (1968) decise, abbandonando la fede cristiana, di rientrare il Germania dove venne ridotto (1971) allo stato laicale; e si dedicò allo studio della psicoanalisi.
Indubbiamente, si trovò di fronte a tutto quanto aveva creduto e che ora voleva rimuovere come qualcosa di paralizzante. Credette di potere rimuovere tutto attraverso l’accusa: Il cristianesimo era contrario all’uomo, lo sfavoriva. Questo atteggiamento di accusa lo si può trovare come sfondo costante nel suo pensiero.
In un seminario degli ultimi anni ebbe parole durissime contro ogni religione, in particolare contro quella cattolica [2a]: “Tutte le religioni sono una ribellione contro Dio e decidono della vita e della morte, dichiarandoci colpevoli e ci obbligano all’espiazione. Quando andiamo verso l’amore, oltre la colpa noi siamo collegati a quella forza creativa che muove noi e gli altri con amore.” (…) “È tipico degli insegnamenti tramandati dalla chiesa cattolica, ‹quando facciamo un peccato dobbiamo fare una penitenza›. Se abbiamo fatto del male a qualcuno per compensazione vogliamo soffrire anche noi, questo è un amore cieco [3], dopo aver sofferto ci sembra di avere diritto di avere di nuovo una buona coscienza. Questo modo di compensare ci viene insegnato sin da piccoli”. Evidentemente la penitenza gli era stata spiegata male e così il concetto di espiazione. La penitenza non ha come oggetto l’opera che contraddice la carne (questo è l’otre vecchio, l’abito vecchio: Mt 9,16-17), ma l’amore che sceglie di partecipare, pur in minima parte, alla passione di Cristo. L’espiazione dei peccati è Cristo che l’ha compiuta, con il suo amore, che ha sostenuto, sino alla fine, il dolore datogli dagli uomini. Noi non dobbiamo precisamente espiare, ma fare penitenza per i nostri peccati. La penitenza contraddice la carne già assecondata, dà forza all’amore con l’umiltà di chi si riconosce peccatore.
Durante gli studi di psicanalisi (dal 1968 al 1972) presso il “Wiener Arbeitskres für Tiefenpsychologie” (Circolo Viennese per la Psicologia del Profondo) incontrò la studentessa Hetra, che sposò.
Lesse i libri di Freud e non ignorò Gustav Jung, che presentava un forte interesse per i fenomeni connessi allo spiritismo.
I contatti con i sangoma e l’interpretazione laica di Gustav Jung
Bert Hellinger conobbe bene le usanze e la religiosità Zulù, molto centrata sul culto degli antenati, connesso con i sangoma, cioè gli sciamani Zulù. La fenomenologia dei sangoma produceva molti interrogativi, alla pari dei medium dello spiritismo. Il sangoma “sapeva”, “vedeva”, “udiva” “operava”. Un credente, seguendo la Bibbia (Cf. Nm 24,3s; 1Sm 28,7s; At 16,16), non avrebbe avuto difficoltà nel vedere ciò che stava dietro il fenomeno, oltre l’uso di droghe e stati di allucinazione.
Una guida la si trovava anche nelle varie condanne della Chiesa circa lo spiritismo che, pur riguardando gli aspetti dottrinali, orientavano sull’interpretazione dei fenomeni medianici.
I fenomeni medianici vennero fatti oggetto di studio, nella convinzione che fossero fenomeni psichici naturali di soggetti cerebralmente più sviluppati, si ebbe così la parapsicologia.
In campo cattolico, non pochi separarono i fenomeni dalle dottrine eretiche connesse allo spiritismo, e la parapsicologia venne considerata come riguardante forze della natura da scoprire. Non si avvertì però che non bastava vederli i fenomeni, ma bisognava anche valutarli, nel senso che per verificare se essi fossero, a uguali condizioni, costanti nel tempo, senza variazioni; solo con questo si poteva parlare di scienza. Di fatto la stragrande maggioranza degli scienziati considera la parapsicologia una pseudoscienza.
Le variazioni (di risultato rispetto a quello atteso, di sospensione del fenomeno, di non ripetizione) le vedevano anche i partecipanti coinvolti nelle sedute spiritiche e nelle esperienze parapsicologiche. Vedevano pure che spesso avvenivano senza una applicazione cosciente del medium (azione inconscia). L’analisi critica, era pressoché impraticabile, perché incontrava l’ostacolo che partecipare a una seduta senza essere disposto a crederci, significava bloccare il processo. Il soggetto scettico veniva individuato dal medium e messo nella condizione o di sottomettersi o di andarsene. Le esperienze parapsicologiche erano sullo stesso tono di fronte a una posizione armata di scetticismo.
In campo cattolico ci fu battaglia contro l’interpretazione naturalista, a favore di quella preternaturale, cioè avente come causa non le facoltà antropologiche dell’uomo.
Ricordo, di quel tempo, il coraggioso cappuccino padre Egidio da Cesena, autore di un libretto “Spiritismo e stregoneria” (1930), che affermava la “preternaturalità” dei fatti medianici.
Ricordo il più famoso cappuccino padre Vincenzo Frezza da Casacalenda, laureato in teologia alla Gregoriana, e licenziato al Biblico. Diffuse, con lo pseudonimo di “Frate fuoco”, il libro “Occultismo e i suoi fenomeni” (1941), ed. san Paolo. Il libro trovò grande successo.
La fenomenologia delle Costellazioni familiari di Hellinger si colloca, al di là del campo della psicologia, nell’alveo della parapsicologia, della spiegazione naturale, e non del preternaturale.
Gustav Jung e la fenomenologia spiritica
Gustav Jung (1875 – 1961), che frequentò sedute spiritiche e vide i suoi fenomeni, non ebbe altro criterio di verità che vederli credendoci, senza riuscire ad approdare a una spiegazione che fosse risolutiva, poiché i fenomeni sfuggivano dalla sfera della razionalità. Eppure, le variazioni dei fenomeni dovevano insospettirlo, come pure il fatto che i fenomeni potevano avvenire senza un’applicazione del soggetto – inconsapevolmente -, cadendo, in tal modo, il postulato di una concentrazione psichica. Si affermava così un inconscio indefinibile, una energia che agisce in autonomia quando essa vuole. Quello che doveva destare sospetto è che certi eventi pur creduti, in una seduta spiritica sfuggivano a chi volesse verificare di averli visti bene e non come un’allucinazione. A questo si aggiungeva l’oscurità degli ambienti, per cui poteva passare incontrollato che un partecipante aumentasse enormemente il suo volume corporeo, o lo diminuisse, non potendo ricorrere a una misura oggettiva; ma non era solo questione di oscurità. Uno spiritista, mentalmente non fuori dalle righe, mi disse di avere visto un soggetto al quale si raccorciavano le gambe dentro i pantaloni, ma non gli riuscì di legare le due gambe dei pantaloni, per verificare se stava vedendo bene. Qualcosa gli impedì di verificare se aveva un’allucinazione, e il dubbio gli rimase. Quello che diventava ancora più incomprensibile era che le macchine potessero avere – fuori seduta spiritica – comportamenti strani, come se avessero vita, come se fossero “come noi”, come mi disse un pasticcere, molto buono e semplice, che vedeva i suoi macchinari agire, spesso e inspiegabilmente, a modo loro, guastando impasto e cottura. Anche qui la spiegazione era la formula dell’azione inconscia, ma a quel pasticcere danneggiato non gli passò neppure per la mente una lettura del genere, che avrebbe implicato che il danno inconsciamente se lo faceva da lui stesso: proprio un inconscio perverso.
L’azione inconscia condusse Jung a formulare il concetto di “inconscio collettivo”, inteso come serbatoio di una memoria cosmicamente registrata. “Inconscio collettivo” – extradimensionale -, distinto da quello personale, ma pur ad esso connesso e influente. Ma tutto era solo congettura.
Gustav Jung (1948) disse, in una esposizione alla “Society for Psychical Research” a Londra: “Io dubito – lo confesso apertamente – che una metodologia e una riflessione esclusivamente psicologiche possano venire a capo dei fenomeni in questione. Non soltanto le costatazioni della parapsicologia, ma anche le mie stesse riflessioni teoriche (1946), mi hanno condotto a certi postulati che toccano la sfera delle rappresentazioni della fisica atomica, ossia del continuum spazio-tempo”.
Gustav Jung, dunque, pensava di risolvere i problemi uscendo dalle riflessioni psicologiche, congetturando uno spazio-tempo, riconducibile, quanto alla terminologia, alla relatività di Albert Einstein, ma in termini di extradimensionalità, che andava oltre la curvatura spazio-tempo, dovuta alla flessione della luce per l’azione dei campi gravitazionali.
La separazione di Gustav Jung da Sigmund Freud (1913/14) avvenne fondamentalmente perché Jung si era addentrato senza riserve, al contrario di Freud, nello spiritismo e nella parapsicologia.
La separazione fu preceduta da una permanenza di Jung tra i Pueblos del Nuovo Messico, dove poté vedere modalità sciamaniche (uomini medicina), e un equilibrio dei gruppi tribali che lo sciamano garantiva.
Gustav Jung ebbe, dopo la separazione, un periodo di tormento interiore, colmato dal dedicarsi allo studio delle concezioni orientali, soprattutto del buddismo tibetano.
L’influsso albero genealogico
Posto di fronte alla reincarnazione, Gustav Jung vide che era una problematica senza risposta (Ricordi, sogni, ricordi: Ma Vie, 1955): “Non conosco risposta alla domanda se il karma che io vivo sia il risultato di mie vite passate, o se non sia piuttosto il conseguimento dei miei antenati, la cui eredità si assomma a me”.
La trasmissione di un karma impersonale, cioè di gruppo familiare e non di singoli, dagli antenati, gli apparve fondata durante un esame del suo albero genealogico.
(Ma Vie): “Mentre lavoravo al mio albero genealogico, ho capito la strana comunanza di destino che mi lega ai miei antenati. Ho fortemente il sentimento di essere sotto l’influenza di cose o problemi che furono lasciati incompleti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, dai miei bisnonni e dai miei antenati. Mi sembra spesso che ci sia in una famiglia un karma impersonale che si trasmette dai genitori ai figli”. “Mi è sempre sembrato di dover rispondere a problemi che il destino aveva posto ai miei antenati, e che non avevano ancora avuto risposta; o di dover portare a compimento, o anche soltanto continuare, cose che le età precedenti avevano lasciate incompiute”.
Gustav Jung, la trasmissione di questo karma impersonale, non lo intendeva come reincarnazione, ma come “inconscio” trasmesso in un albero genealogico per via biologica, epigenetica, potremmo dire visto che dal 1942 il termine era già in circolazione.
Lo schema sciamanico, che aveva visto nei suoi viaggi tra i Pueblos e varie tribù africane che visitò, poneva in azione i defunti come trasmettitori di angosce e tormenti, mentre lo sciamano entrava in contatto con loro e con rituali li placava. Questa prospettiva rimase un dato culturale per Jung, che non pensava all’esistenza degli spiriti. La soluzione in termini di parapsicologia era quella di pensare a una memoria del “continuum spazio-tempo”.
Esisteva infatti lo sforzo della parapsicologia di concepire un registro occulto, cosmico, memorizzante pensieri, eventi, parole, dati, del presente e del passato: una soluzione che era prospettata per l’emergere di dati impossibili da conoscere al medium. Di questo Rudolf Joseph Steiner (1861 – 1925) ne fu un assertore: “Aus der Akasha-Chronik” – Una raccolta di saggi tra il 1904-08; “Die Weisheit der Rosenkreuzer” (1907): Una raccolta di 14 conferenze tenute a Monaco dal 22 maggio al 6 giugno 1907).
Gustav Jung arrivò a pensare al fenomeno della “sincronicità”, cioè l’esistenza di un piano operativo – “inconscio collettivo” – che permetteva la fenomenologia di un nesso, non casuale, tra eventi, – anche se non strettamente identici -, simultanei distanti (pensieri di due persone, visioni, premonizioni, accadimenti). Ma anche qui mancò la verifica scientifica della “sincronicità“.
Gustav Jung non usò dell’albero genealogico per le sue terapie.
Tutto questo, fu conosciuto, più o meno, da Bert Hellinger, studioso di psicoanalisi.
Il controllo della fenomenologia della parapsicologia
Al tempo di Gustav Jung già esistevano gli inizi di associazioni rivolte alla verifica scientifica, a livello di scetticismo, cioè di non coinvolgimento emotivo con il paranormale, come avvenne a livello di primi passi per la “Society for Psychical Research”, fondata in Gran Bretagna nel 1882.
Joseph Rhine (1895 -1980) fu un ricercatore dei fenomeni parapsicologici con metodi sperimentali e statistici, ma non fu un ricercatore scettico, nel senso di assolutamente neutro. Vide che non c’era costanza di risultati, nonostante che i medium fossero preparati agli esperimenti, ma non riuscì a venire a capo del perché dell’alternarsi di successi e fallimenti. Tutto doveva essere relegato nella sfera dell’inconscio, anche indipendentemente dalla volontà dei medium, quindi tutto era sfuggente. Si costatarono anche delle falsificazioni dei suoi assistenti, insieme a sbagli di approccio metodologico. Nel 1938 venne salutato come il garante dei fenomeni, ma poi nel 1950 Joseph Rhine era ormai una meteora dissolta. Nonostante questo riuscì a fondare, con una elargizione finanziaria, nel 1965 la “Foundation for Research on the nature of Man”. Rhine venne invitato da Piero Angela in una puntata di “Inchiesta sulla parapsicologia”.
Si comprese che la via d’uscita era superare con fermezza scettica, il che non vuol dire scetticismo filosofico, la barriera del coinvolgimento di adesione nella verifica dei fenomeni pubblicizzati. Oggi sono numerose le Associazioni a carattere scettico per il controllo del paranormale. Esse seguono la letteratura in merito e agiscono con test, offrendo ai medium, di notoria fama, appetibili somme di denaro per la loro partecipazione. Ai medium viene presentato in anticipo la pianificazione dei test, che vanno sottoscritti legalmente, insieme alla dichiarazione di convinzione di riuscire nell’esame. Questa condizione è importante perché è il medium stesso che garantisce la sua performance. Se infatti la non ripetibilità fosse dovuta alle condizioni psico ambientali delle quali il medium si sente soggetto, lui stesso dovrebbe avvisare in anticipo la non riuscita, ma ciò non si ha: Piene predisposizioni, firmate, hanno dato performance negative. Con tale sistema si ebbero diverse partecipazioni con finale deludente per la parapsicologia, classificata in tal modo come pseudoscienza.
I dati forniti da queste associazioni sono preziosi perché si basano sulla non ripetibilità o sulla diversità dei risultati rispetto a quelli attesi, sulla scrupolosità dei test. I risultati negativi sono classificati quali casualità, inganni, allucinazioni, giochi di prestigio, e tutto si chiude lì.
Per la teologia non è proprio del tutto chiuso lì, perché essa, nel rispetto e gratitudine per queste indagini, può riservarsi di concludere, in alcuni casi e con motivazioni, per l’esistenza di una forza cosciente che cambia le carte in tavola per confondere l’uomo.
European Council of Skeptical Organisations: (ECSO), fondata nel 1994.
Committee for Skeptical Inquiry: (CSI), fondata nel 1976 (Stati Uniti)
Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze, fondata nel 1989 (CICAP)
Gesellschaft zur wissenschaftlichen Untersuchung von Parawissenschaften, fondato nel 1987 (GWUP) (Germania): (inglese: Society for the Scientific Investigation of Pseudosciences)
The Skeptic (UK magazine) fondato nel 1987 inghilterra
Society for the Advancement of Critical Thought (ARP) fondata 1986 (Spagna)
Studiekring voor de Kritische evaluatie van Pseudowetenschap en het Paranormale (SKEPP) fondata nel 1990 (Belgio).
Comitè belge pour l’Analyse Critique des parasciences fondato nel 1949 (Belgio)
Earlier European skeptik event. fondato 1995 (Ungheria)
Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa (GRIS) fondata nel 1987 (Italia).
Di grande impatto mediatico è stata la trasmissione, in chiave di indagine scettica, di Piero Angela su Rai1: “Indagine sulla parapsicologia”. Trasmessa nel 1978 e replicata nel 1989. La serie diede origine al libro “Viaggio nel paranormale”.
La trasmissione aveva il grande pregio di far ben vedere la non ripetibilità costante dei fenomeni, faceva vedere come un fenomeno garantito nel suo svolgersi si svolgeva in modo del tutto imprevedibile, e come poteva entrare in gioco l’abilità di un prestigiatore. La classificazione era pseudoscienza, ma rimaneva scoperto, in determinati casi il perché di tali variazioni. Un censimento fatto dopo il ciclo di trasmissioni sulla credenza del paranormale diede il risultato che tra il pubblico tale credenza era letteralmente dimezzata. Un’indagine successiva fece invece vedere come la credenza avesse recuperato molto terreno. Questo perché rimaneva non risolto il perché di tali sorprendenti variazioni in fenomeni che pur dimostravano di esserci.
Su Sat2000, tv della CEI, dal 2012 va in onda una trasmissione “Vade Retro”, dove il conduttore David Murgia intervista varie personalità su temi quali gli esorcismi, le sette, i medium, il satanismo, lo spiritismo. Tali interviste hanno posto in evidenza, benché non tocchino formalmente la parapsicologia, come la serie televisiva di Piero Angela, di fatto, rimanendo nel campo del credo, presenta testimonianze di fatti paranormali attribuiti al demonio.
Un grande apporto, che viene dalla scienza neurologica, è il lavoro svolto dal neuroscienziato Barry Beyerstein, con il libro (1999): “Mind Myts, Exploring Popular Assumptions About the Mind Brain”. Tale libro ha fatto crollare il mito del cervello usato solo al 10%, e, quindi, da alcuni, usato in proporzioni maggiori, sostenendo così la parapsicologia. Seguirono, nello stesso senso, gli interventi di Beniamin Radfort (2000 ) e di Ecic Chudier (2006).
Un episodio avuto in un incontro con uno spiritista che mi offrì un passaggio in autostop mi ha rivelato quale potenza avrebbe la presenza di un sacerdote in una seduta spiritica. Quello spiritista aveva dato un passaggio a un sacerdote. Posta la seduta, gli spiriti non venivano. Successivamente si presentarono e dissero al medium, ignaro di quanto fosse avvenuto, che il ritardo era da attribuirsi al passaggio offerto dallo spiritista al sacerdote.
Gli studi psicanalitici di Bert Hellinger: apporti al suo pensiero.
Importante per Bert Hellinger fu il passo sull’albero genealogico di Gustav Jung in (Ma Vie). Lo lesse essendo facile trovarlo nel libro, molto divulgato, di Jung: (Ma Vie). Immediato era fare il parallelo tra l’influsso degli antenati nella religiosità Zulù e il ruolo dei sangoma nell’identificazione degli influssi, per poi estinguerli con ritualità.
Durante gli studi presso il “Wiener Arbeitskreis für Tiefenpsychologie” (Vienna), gli sviluppi personali di Bert Hellinger furono notevolmente influenzati dal pensiero del californiano Artur Janov, presso il quale fece nove mesi di terapia. Arthur Yanov promuoveva una terapia catartica, per un “rivivere catastrofico”, con gestualità drammatiche e grida inarticolate e primordiali, i traumi infantili. Yanov pensava di condurre il paziente agli stati neuro-fisiologici degli eventi traumatici. Bert Hellinger ne fu entusiasta.
Arthur Yanov, il cui primo libro è del 1970 – “The Primal Scream” -, non presentava criteri accettabili per il Circolo Viennese per la Psicologia del Profondo. Bert volle difendere il metodo Yanov, e così dovette abbandonare il Circolo Viennese.
Non aveva torto il Circolo Viennese. I metodì di Arthur Yanov erano inaccettabili e di fatto la sua psicoterapia venne considerata una pseudoscienza dalla comunità scientifica, e decadde negli anni 80. Tanto per fare intendere cosa succedeva nelle sedute terapeutiche, era previsto che il paziente, dopo essere stato spalmato con una sostanza scivolosa, passasse attraverso un tubo di vinile per rivivere le sofferenze provate nel parto, in modo da liberare da tale tensione i nuclei più profondi dell’encefalo.
Bert Hellinger continuò gli studi a Monaco presso il “Muncher Arbeitsgemeinschaft für Psychoanalyse”, del quale divenne membro professionista, per poi andare negli Stati Uniti.
Bert Hellinger unitamente alla moglie Hetra, continuò a fare terapia seguendo il metodo di Arthur Yanov, per poi abbandonarlo, anche perché negli anni 80 “la terapia dell’urlo primario” decadde definitivamente sotto il peso del rifiuto delle Assicurazioni di rimborsare chi aveva partecipato alla “Primal Scream Therapy”.
Bert Hellinger nel frattempo frequentò un insieme di corsi presso varie scuole psicoterapeutiche, che erano in posizione di distanza dalla psicanalisi freudiana.
Volle conoscere la terapia della Gestald (Gestalpsychologia: psicologia della forma, o meglio forma dotata di senso). Per forma si intende l’insieme, il campo ambientale, dove si attua l’espressione di sé, nel quadro degli apporti, positivi o negativi dati dal contatto con gli altri.
La Gestald, emigrata in America a causa del Nazismo, ebbe in Fritz Perls un forte esponente, che a New York diede inizio a una scuola di psicoterapia della Gestald. A questa scuola Bert Hellinger si indirizzò, avendo forse già conosciuto in Sud Africa Fritz Perls e la moglie Laura, emigrati nel 1933 in Sud Africa a causa del Nazismo, rimanendovi 10 anni. In Sud Africa, a Johannesburg (1935) Perls fondò l’Istituto Sudafricano di psicoanalisi. L’indirizzo dell’Istituto Fritz Perls lo rese noto con il libro (1941): “Ego, Hunger and Aggression”, dove faceva una critica a Freud, con una presa di distanza dalla centralità della libido, data da Freud, Tuttavia, il procedere terapeutico di Perls, fondato sulla dinamica di gruppo, utilizzava gli apporti di Freud.
Laura Perls (1905 – 1990) seguì lezioni di una scuola terapeutica istituita sul modello antroposofico di Rudolf Steiner (1861 – 1925), che fu un affiliato alla Società Teosofica, iscritto poi alla Massoneria, fondando nel 1908 un suo personale ramo massonico. Molto probabilmente fece parte dell’Ordine “Rosacroce esoterica”
Laura Perls a New York operava con il marito Fritz seguendo le pratiche motorie dello Yoga.
Bert Hellinger dovette entrare in contatto con il pensiero di Rudolf Steiner, per mezzo dell’Istituto fondato da Fritz e Laura Perls.
Bert Hellinger passò poi a interessarsi del pensiero di Eric Berne circa la psicologia transazionale. Eric Berne (1910 – 1970), canadese, voleva diventare uno psicoanalista freudiano, ma nel 1956 non venne ritenuto idoneo. Eric Berne presentò l’esistenza di “copioni di vita” riguardanti i comportamenti familiari, che passano – “transazione” – di generazione in generazione attraverso i legami parentali e familiari: si pensi ad esempio ai copioni aristocratici. L’analisi transazionale poneva l’accento sulla relazione, e quindi sulla terapia di gruppo. Eric Berne considerava anche il piano di vita che si basa su decisioni prese durante l’infanzia e rafforzate dai genitori, giustificate dagli avvenimenti e culminanti in scelte decisive. Il lavoro di gruppo devenne centrale per Eric Berne. Il libro base di Eric Berne fu “What Do You Say After You Say Hello?” (postumo 1972).
Per molto tempo Hellinger seguì le impostazioni di Berne, e gli furono utili nel configurare le sue Costellazioni familiari.
Hellinger si interessò della terapia familiare dell’ungherese Ivan Boszormenyi-Nagy (1920 – 2007), che nel 1950 era emigrato in America.
Molto apprese dal romeno Jacob Levi Moreno (1889 – 1974), prima trasferitosi in Austria e poi, nel 1925, in America. La sua terapia si basava sullo psicodramma. Non è precisamente una terapia di gruppo, ma vi rientra con il vantaggio di dare spazio alle emozioni, ai ricordi, alle tensioni. Un partecipante in esame viene collocato in scena, gli altri, ausiliari, impersonano persone connesse con la vita del partecipante in esame. Esiste un direttore che guida lo psicodramma.
Altro apporto fu quello della terapia famigliare di Salvador Minuchin, argentino trasferitosi negli Stati Uniti (1921 – 2017).
Si interessò pure dell’ipnoterapia di Milton Erickson (1901 – 1980).
Importante fu l’apporto di Jay Haley (1923 – 2007) con le sue osservazioni sul “triangolo perverso”, da dove Bert Hellinger dedusse la necessità dell’ordine gerarchico nella famiglia. Il “triangolo perverso”, si ha quando un genitore si allea con un figlio per combattere l’altro genitore. È perverso perché tenuto nascosto, negato, dentro il sistema famiglia. Il fenomeno della triangolazione esiste, ma diventa perverso quando è nascosto, sottratto alla denuncia e alla correzione.
L’iniziazione di Bert Hellinger
Negli anni 80 Bert Hellinger ebbe una svolta con l’iniziazione che ebbe in una Costellazione familiare condotta da Thea Luoise Schönfelder durante un “Lindon psychotherpy weecks” di due settimane, a Lindon, un’isola sul lago Costanza. La Schönfelder, in una Costellazione, assegnò a Hellinger la parte di rappresentante del padre di un figlio schizofrenico. Quando venne spostato sulla scena il rappresentante del figlio schizofrenico, Hellinger, sono sue parole [4a]: “Caddi in un buco profondo. Io non ero più me stesso. Alla fine, dopo la costellazione io mi sentivo in un altro paesaggio, lontano in pace”. A Bert Hellinger non venne data alcuna spiegazione del fenomeno, che non ha una definizione propria, specifica, nelle classificazioni proposte dalla parapsicologia. Lo stesso ancora accadde, nell’Isola di Lindon, altre volte, ma senza spiegazioni. Lo stesso accadde sulle Montagne Rocciose a Snowmass, durante un convegno; poi in due esperienze in Germania. Chi conduceva era Ruth McClendon e Leslie Kadis ideatori della “Terapia familiare sistemica”. Seguirono altri incontri con i due, ma non gli venne data spiegazione, e certamente tacevano perché non ne avevano una.
Dovette cercare di capire da solo e costruire un suo quadro teorico privato, riferendosi al concetto di copione,di Eric Berne, pensato come energeticamente registrato in una memoria misteriosa. Potè pensare anche all’inconscio collettivo Junghiano.
Si può avanzare che Helliger – vista anche l’adesione alla reincarnazione, e alla conoscenza del pensiero di Steiner, certo per mezzo di Laura Perls – considerasse il modello dell’impronta nell’akasha secondo Rupert Steiner, che in “Die Weisheit der Rosenkreuzer” (1907), aveva scritto: “L’uomo non cessa di essere attivo all’interno della comunità degli uomini, quando ha varcato la soglia della morte. Continua ad essere attivo, anche se diversamente da come doveva esserlo nel corpo fisico”. “I medium credono di parlare col morto che sopravvive in ispirito, ma si tratta soltanto della sua immagine astrale dell’akasha. Lo spirito di Cesare si sarà già reincarnato sulla Terra, e la sua immagine astrale continuerà ancora a rispondere nelle sedute spiritiche. Non si tratterà però dell’individualità di Cesare, ma soltanto della sua durevole impronta lasciata nella cronaca dell’akasha”. Questo per evitare di venire nel conflitto che un morto presentatosi in una seduta, era in realtà vivo. Ma ci si aspetterebbe che Cesare reincarnato avesse aggiornata la sua memoria, ma la memoria è intesa come una registrazione continua nei millenni. Un continuum incessante, che esigerebbe, per la consultazione, il supporto di un catalogo delle singole date, giorni, attimi, situazioni, e questo per ogni singolo soggetto umano. Un archivio imponente attivato dall’inconscio del medium. Come si vede il tentativo di dare qualche base ai fenomeni medianici, finisce per produrre le più acrobatiche fantasie.
Bert Hellinger dovette pensare all’akasha di Rudulf Steiner, ma non si appoggiò a Rudolf Steiner poco accolto per avere dato inizio a un movimento – l’antropomorfismo – fondato solo sulle sue percezioni e visioni. Un movimento che venne definito neo-religioso, visionario e romantico.
Del resto già Gustav Jung aveva preso le distanze da Rudolf Steiner.
Hellinger si appoggiò, per una soluzione al biologo britannico Rupert Sheldrake (1942 – vivente), cultore di parapsicologia, il cui primo testo: “A New Science of Life: The Hypothesis of Morphic Resonance” (1981) e il successivo. (1988): “The Presence of the Past: Morphic Resonance and the Habits of Nature”, presentavano la teoria dei “campi morfogenetici o morfici” (morfè = forma; genesi). La teoria era applicata dal biologo fautore della parapsicologia, alla formazione delle forme, come se ci fosse un programma memorizzato nella formazione dei viventi, delle cose, allargandolo il tutto alle etnie, razze, e famiglie. Un programma memorizzato in azione, molto di più di una memoria cosmica alla quale attingere informazioni. Il campo morfogenetico ha una sua azione sui gruppi, le famiglie, ecc. C’è un dialogo di risonanza tra campo e coloro che sono nel campo. La scienza ha definito tutto ciò pseudoscienza, cioè fantasia, ma tutto ha origine dalla fenomenologia delle sedute spiritiche e dei fenomeni medianici della parapsicologia.
Bert Hellinger applicò i termini “campo morfogenetico e risonanza” alle Costellazioni familiari sistemiche; cosicché esisteva un campo energetico che connetteva una famiglia, allargandosi in inclusioni fino a tutta l’umanità. Questo campo energetico, di una energia misteriosa, non gravitazionale, né elettromagnetica, né magnetica, faceva da contenitore della memoria delle situazioni umane, e per mezzo di una “risonanza morfica”, secondo Sheldrake era in contatto con il cervello. Per Sheldrake ciò era possibile a ogni cervello, ma con differenze date dall’esercitazione (Qui si colloca il mito del cervello che sarebbe utilizzato solo per il 10%). La parapsicologia per Sheldrake non andava considerata come oltre il normale, in quanto tali capacità sarebbero state in gran parte perdute o trascurate: si trattava di attivarle. Hellinger, probabilmente in seguito al libro di Barry Beyerstein (1999), mise il cervello, nella percezione, in seconda posizione rispetto a tutto il corpo, a tutte le cellule del corpo, come un insieme recettore.
Hellinger comunque avvertì che la teoria di Sheldrake era insufficiente a spiegare il fenomeno vissuto a Lindon. [4b]: “Questo fenomeno non può essere spiegato con idee convenzionali. Tra i molti tentativi, quello che è venuto loro più vicino finora è stato che i rappresentanti entrano in un altro campo spirituale. Rupert Sheldrake lo chiama un campo morfogenetico”.
In effetti, un fenomeno come quello che Hellinger visse richiederebbe un enorme flusso di dati extrasensoriali. Qui la fantasia può mettere in gioco anche i neuroni a specchio, ma ciò non spiega affatto come si può attivare una immedesimazione così piena e trasfigurante.
Si parla di fenomeno psico-quantico, ma anche questa è una suggestione che vuole rifarsi al fenomeno dell’entangled. L’entangled, è la connessione tra due particelle – fotoni – distanti, ma formatosi in un evento spaziale unico e con andamento probabilistico. L’entangled non trasmette dati, ma solo la variazione dello stato quantico di una particella (fotone) a un’altra diventata distante. Variato lo stato quantico di una particella, all’istante si varia anche lo stato quantico dell’altra. L’entangled, fenomeno verificato già da Einstein, ma ancora non compreso nella sua formazione, non è per nulla idoneo alla trasmissione di dati, come richiederebbe la risonanza morfica, giudicata pseudoscientifica dalla comunità scientifica internazionale. Così non si può tirare in ballo la fisica quantistica, semmai una “mistica quantistica”.
All’espressione campo morfogenetico Hellinger ne ha aggiunte altre come “coscienza comune”, di eco Junghiano. (Pubblicato il 23/08/2014, nel suo sito www2.hellinger.com): “Aggiungerei che questo gruppo ha anche una coscienza comune che detta ciò che devono o non devono fare per guadagnare e assicurarsi l’appartenenza a questo campo spirituale e alla loro famiglia. Tutto questo può essere osservato, ma non è abbastanza vicino per spiegarlo”. Infatti il campo connesso all’inconscio dà indicazioni direttive di comportamento. Con ciò si deve concludere per una intelligenza direttiva, e non solo un flusso di dati memorizzati nel “campo morfogenico”. C’è uno schema direttivo che agisce innanzitutto come agente ad extra, per inserirsi poi ab intra.
Questa azione direttiva la si può vedere notando come il costellatore invita i partecipanti alla Costellazione (da due a otto e più persone) a diventare dei costellati con una precisa domanda. Tra quelli che si presentano, il costellatore, ascoltando sé stesso, in connessione con il campo ne sceglie uno, con un criterio estrinseco a lui, non conoscendo i partecipanti. Questi presenta il punto che vuole sia esaminato, e che è stato sollecitato a presentare in termini precisi, ma spesso il costellatore presenta un altro punto, ed è quello che viene seguito. Questo avveniva per Hellinger, ma anche per coloro che sono iniziati alle Costellazioni attraverso dei seminari, passando da comparse a costellati e poi a costellatori.
Il concetto di risonanza è stato escluso dalle acquisizioni scientifiche dalla comunità scientifica internazionale, e relegato nella pseudoscienza.
Le costellazioni familiari
Il termine Costellazioni familiari deriva da un saggio di Gustav Jung (Die familiäre Konstellation: 1909), attingendo metaforicamente a un’immagine astronomica, ma che rendeva il concetto di connessione tra i membri familiari.
La metafora si divulgò negli anni 20.
Nel 1965 uscì un libro dello psicologo austriaco Walter Toman: “Familien konstellationen. Ihr einflus auf den Menschen“. Il termine e la dinamica vennero prima di Bert Hellingher, che lo adottò in Costellazioni (original Hellinger).
Al termine Costellazioni familiari venne aggiunto il termine “sistemiche”, derivato dalla psicologia sistemica della scuola di Paolo Alto (California, anni 50) di derivazione Gestaltica. Il suo motto era “non è possibile non comunicare” (Paul Watzlawick). Tale scuola poneva l’accento sulla relazione più che sull’individuo.
Il termine “sistemiche” significava che esiste un ordine, un sistema di equilibrio nel campo energetico morfogenico, che, se compromesso, crea distonie nell’ambito familiare e perciò va ristabilito attraverso il coinvolgimento esperienziale nell’azione della Costellazione, assistita da un facilitatore, meglio precisato come costellatore/ce, mentre la persona (cliente), che pone all’esame un suo problema specifico, fonte di disagio, di sofferenza, è detta costellato/a.
Gli Ordini dell’amore
Elemento base delle Costellazioni è la Hellinger sciencia, sono gli Ordini dell’amore. Ordine corrisponde a disordine, che va superato.
Gli Ordini dell’amore sono dei quadri psicologici operativi pratici. Essi corrispondono agli ordini insiti nei campi morfogenetici (familiare, di lavoro, ecc.), in unità con l’universale. Tali Ordini dell’amore reggono la sopravvivenza dei gruppi i quali sono conservati da una “coscienza collettiva” molto potente, registrata nel campo,
La “coscienza collettiva” è più in alta di quella “personale”, che percepisce benessere quando si hanno comportamenti graditi al gruppo, oppure il contrario.
Hellinger pone a un livello ancora superiore la “coscienza spirituale”, che è quella inerente al seguire o meno il movimento dello spirito che muove tutto con energia creatrice. Essere in armonia con la grande forza significa avere accoglienza di tutto, così come è, senza fermarsi al bene o al male, poiché il male diventa fonte di ristabilimento dell’equilibrio cosmico, esaltando il bene.
L’equilibrio si riprende attraverso la consapevolezza delle distonie o “irretimenti” rivelati dalle Costellazioni.
Il bene e il male sono connessi all’osservanza o meno degli Ordini dell’amore, i quali sono legati all’Ordine cosmico. Quando si rimane in armonia con la [2b] forza creativa cosmica, il male è superato, con un ricollocarsi, nella consapevolezza del disordine attuato, negli Ordini dell’amore
L’espiazione del male non avviene, poiché non c’è offesa di Persona divina, ma solo di ordine cosmico impersonale, che può essere ristabilito aprendosi consapevolmente a esso. L’esposizione filosofica di Hellingher ha forti vuoti espositivi e tratti oscuri, ma è chiaro dalle sue parole che il “movimento spirituale” è qualcosa di superiore allo spirito dell’uomo, che accogliendolo arriva ad accogliere “di tutto così com’è”, senza fissarsi sul bene e sul male, ma mantenendosi sotto l’albero della vita [2c]. A questo “movimento dello spirito” “tutto è sottomesso, che lo vogliamo o no” (L’amore dello spirito, pag 95-96). Ad esso fanno capo gli Ordini dell’amore.
Non ci sono riferimenti all’amore in Cristo: questo Hellinger lo ha letteralmente rimosso.
Gli Ordini dell’amore sono dei quadri psicologici operativi pratici. Essi corrispondono agli ordini insiti nel campo morfogenetico. La trasgressione crea distonie, che si riflettono sulla famiglia, ecc..
Ordine di appartenenza
Ordine di gerarchia
Ordine di equilibrio
L’Ordine di appartenenza, che si presenta in una realtà familiare, è un dato culturale, non una verità modello. Cioè presso gli islamici il modello sarebbe diverso, presso i cattolici diverso, presso i buddisti diverso, presso una tribù dell’Amazzonia diverso. Questo è un grosso limite perché l’equilibrio è dato da una convenzione che può benissimo non essere equilibrata.
Per Hellinger la famiglia è quella che noi chiamiamo “allargata”. Ne fanno parte tutti i bambini, anche nati da relazioni extraconiugali, sia del padre che della madre. Vi appartengono i genitori e il loro parentato. Vi appartengono anche i partner precedenti. I nonni, ma non i loro fratelli e sorelle. I bisnonni. Le persone che hanno dato vantaggi economici. Le vittime uccise da un componente del casato. Gli assassini all’interno del casato. I bambini abortiti.
Tanto per fare capire la relatività dell’ordine dell’appartenenza, in una famiglia buddista o induista, nella quale si crede nella reincarnazione, i genitori non sono costitutivi di un’origine, perché prima di loro ci sono stati altri genitori. Hellinger che credeva in vite precedenti questo lo sapeva.
Mancando un modello base tutto diventa contingente alle varie culture. Il campo morfico diventava una memoria che registra gli equilibri e i disequilibri degli assetti umani, senza avere la memoria di un modello primordiale, sul quale misurare contrasti o armonie.
L’Ordine gerarchico. Per i figli di una coppia Hellinger poneva il diritto di precedenza temporale. All’origine c’è la coppia poi i figli in ordine di nascita. L’amore è subordinato a un ordine, e l’ordine precede l’amore.
C’è del vero in questo, ma con più precisione andava detto che in una famiglia, all’origine c’è la coppia, ma con i figli, con ogni nuovo figlio, la coppia si trasforma. Formando una sola carne, essi hanno dato vita a una carne: il figlio, sigillo dell’unione tra i due. Per cui parlare di prima e di dopo sul piano psicologico non funziona. I figli sono in sequenza temporale, e non può essere diversamente se non per i gemelli, e questo determinerebbe la gerarchia tra di loro. Vero è che il figlio maggiore si deve prendere cura del minore, ma è vero che davanti ai genitori non c’è gerarchia che tenga, se non nei casati industriali per il diritto di successione aziendale, o nelle monarchie. Il primo disordine avvertito dai figli sarebbe quello di non sentirsi egualmente amati dai genitori. Ma anche i fratelli e sorelle vanno oltre la data di nascita, anche se riconoscono che il fratello maggiore ha acquisito più esperienza di vita, ma questo non è poi una legge.
Riguardo alla coppia Hellinger stabiliva l’uguaglianza dei diritti e dei doveri, cosa accettata in ogni società occidentale, tuttavia con la distinzione degli apporti specifici dei due sessi.
L’Ordine gerarchico trova il suo luogo per eccellenza nell’ambiente di lavoro, come in quello militare.
Problemi invece sono dati nell’applicazione della legge della gerarchia nella “famiglia allargata”, dove i partner precedenti sono in vita (divorzio) e i figli di divorziati risposati hanno tempi di nascita diversi.
Hellinger dice anche che se un figlio più piccolo si sacrificasse per il bene dei fratelli, ciò non sarebbe utile.
C’è del vero in questo, ma se il figlio minore lo fa liberamente in nome di un ideale superiore, diventando quello che Hellinger stesso, insieme ad altri, chiama la “pecora nera” capace di mutare le situazioni, tutto è diverso, perché le situazioni migliorano, liberate dall’impasse precedente. Qui veramente Hellinger apre una porta d’ingresso al messaggio della rivoluzione cristiana, bastando ribaltare il colore delle pecore. Il Vangelo ha dei testi rivoluzionari rivolti a formare un ordine nuovo fondato su Cristo e sull’aiuto di Cristo, ben più alto di quello semplicemente umano (Mt 10,37-49; Mc 13,12).
Un esempio dei danni del non rispetto dell’ordine di precedenza Hellinger lo trova – a modo suo – nella Bibbia. (L’amore dello spirito, pag 389). L’errore è stato l’esclusione di Ismaele primogenito di Abramo per fare posto al secondogenito Isacco. Hellinger non considera che Isacco è il figlio avuto da Sara secondo la promessa, mentre Ismaele è figlio della schiava, per lui vale la precedenza non la promessa. Dall’avere escluso Ismaele secondo Hellinger ne deriva l’esclusione di Israele da parte dei popoli vicini, fino ai nostri giorni con il mondo arabo: “Potrebbe trattarsi di una forma di espiazione per il torto subito da Ismaele e da sua madre Agar”.
(L’amore dello spirito, pag. 390). Altro caso che Hellinger presenta – a modo suo – per dare ragione delle persecuzioni fatte agli Ebrei è l’uccisione da parte loro di Gesù, che non si mostrò loro nemico. Tuttavia i cristiani venivano dopo gli ebrei e vollero essere i primi, e così violarono l’ordine. Hellinger non espone il suo pensiero chiaramente, ma dice che persecuzioni degli ebrei da parte dei cristiani nascono da quelle situazioni. Caifa era il responsabile dei massacri fatti dai cristiani. A dire il vero le SS. Naziste erano fatte di apostati, non di cristiani. Per Hellinger la legge della gerarchia era fuori discussione. Ma Dio nella Bibbia non sceglie in base alla data di nascita. Scelse infatti Davide, che era il più piccolo dei figli di Iesse, e lo fece re. Dio guarda il cuore e non l’aspetto, né tantomeno l’anagrafe. E dalla casa di Davide, secondo la carne per mezzo dello Spirito Santo e di Maria, è nato il Cristo.
L’Ordine dell’equilibrio. Esso avviene nel dare e nel ricevere. Se in questo ci sono sbilanciamenti, come accade quando un figlio minore si sacrifica per il bene della famiglia, tutto il sistema crolla, entra in disagio. Come pure cede il rapporto di coppia. Si concorda con questo, se il dare e il ricevere sta in primis nell’amore.
L’evoluzione dalle Costellazioni familiari a quelle Spirituali
Le Costellazioni Hellinger hanno subito nel tempo una evoluzione nel senso che il ruolo del facilitatore diventava sempre meno caratterizzato quale psicoterapeuta che gestisce l’incontro.
La prima fase, che va dal 1980 al 2002 è precisamente caratterizzata da un procedere psicoterapeutico nell’ambito del campo morfogenetico.
L’azione della Costellazione, oltre al facilitatore, in gergo, costellatore e al cliente, in gergo, costellato aveva, e nella sua evoluzione ha ancora, la presenza di un numero variabile di comparse, che non conoscevano il costellato [Tali comparse nelle Costellazioni individuali (costellatore e cliente costellato) possono essere sostituite con pupazzetti (playmobil) fino a un trenta o quaranta per esami plurigenerazionali, o da foglietti di carta, da fotografie, da disegni], ma rappresentavano vari soggetti dell’ambito parentale o lavorativo, del costellato. L’inizio richiedeva un raccoglimento di preparazione in sé stessi, per uno stato di non attività intellettuale, se non quella di partecipare aderendo al processo della Costellazione, poiché la Costellazione si sarebbe bloccata, nel senso che mancava la connessione con il “campo di coscienza”, altro nome dato al campo morfogenetico. La messa in scena dei rappresentanti, lo sguardo alla loro azione, l’ascolto delle loro parole, portava il costellatore a cogliere la percezione di blocchi, di irretimenti, di ostacoli al fluire sereno, appagante, della vita. Il cliente riceveva tutto ciò arrivando alla consapevolezza della situazione emersa, spesso non aspettata e anche spiacevole.
Nelle prime Costellazioni, Hellinger domandava spesso come stesse il cliente, secondo l’arte dello psicoterapeuta. Dal tutto emergevano dati nuovi, insospettati. Hellinger sostanzialmente agiva da terapeuta. ponendo al costellato un indirizzo, fatto di parole da ripetere come fossero sue e davanti alla scena, segnata dal campo morfogenetico. Così entravano nel profondo del cliente diventando svolta di cambiamento, di superamento delle tensioni. La Costellazione tuttavia non poteva essere ripetuta. Il cliente, secondo Hellinger, era entrato in contatto esistenziale, consapevole, con il suo campo morfogenetico familiare e doveva poi procedere lui stesso. Questo tuttavia comportava che il soggetto non avesse la possibilità di riverificare le sue emozioni, farle passare attraverso il ragionamento. Di capire, in altre parole, cosa effettivamente aveva vissuto. C’era chi andava via lieto e chi arrabbiato, ma anche la rabbia era giudicata positiva.
Tutto andò con successo.
Dal 2002 la posizione fa figura del costellatore divenne molto meno presente. Poche le domande. Ciò favoriva la percezione dei rappresentanti in scena; così si parlò di percezione dell’anima (anima intesa non in senso filosofico, ma come intimo, del profondo). I rappresentanti non sollecitati da domande esprimevano molto di più le emozioni, e quindi più messaggi. Non c’era più un obiettivo seguito, un problema preciso, richiesto dal cliente, poiché le cose potevano andare altrimenti.
Nel cambiamento dell’impostazione prese parte attiva Maria Sophia, una ex imprenditrice commerciale, che in seguito si era dedicata alla medicina Ayurvedica e a quella tradizionale cinese, dando vita a un centro terapeutico con annesso albergo di soggiorno. Maria Sophia, che dalle foto si può stimare avesse una cinquantina di anni, diventerà nel 2002 la moglie del settantasettenne Helligher. Antecedentemente, nel 1999, l’avveduta Sophia aveva dato il via alla HellingerSchule, in modo da fissare la trasmissione del procedere delle Costellazioni, di fronte alle non poche imitazioni.
Dalla famiglia e dal suo albero genealogico si passò a estendere la Costellazione a gruppi di lavoro, ad associazioni, a squadre sportive, non c’erano più limiti nelle aggregazioni.
Sophia Hellinger portò in maniera forte la sua conoscenza della religiosità orientale, dove l’uomo si poneva in armonia con il cosmo, seguendone il corso astrale.
In seguito, dal 2006, la Costellazione divenne autonoma, definita “spirituale” perché mossa dallo spirito. Era un “andare con lo spirito”, che non ha nulla a che vedere con lo Spirito Santo.
Il cliente, i partecipanti, venivano preparati più in profondità con tecniche di rilassamento e respirazione nelle quali Sophia ebbe molta parte. Le persone si collocavano in uno spazio e prendevano posizione a cerchio. Il costellatore poteva domandare se ci fosse qualcuno che volesse essere costellato, tra quelli che presentavano diisponibilità alzando la mano, il costellatore ne sceglieva uno chiedendogli di formulare il suo problema, ma poi la Costellazione prescindeva da quel problema. Si arrivò al punto che il costellatore non si preoccupava di sapere qualcosa dal cliente, né gli chiedeva ciò che volesse trattare, né nulla sapevano i rappresentanti di scena.
Posta la scena tutto cominciava. I rappresentanti si muovevano come condotti da una grande forza, assumendo posizioni corporee, dicendo parole rivelatrici, come dei medium, annotò Hellinger [4c]. Tutto avveniva come se una “forza creatrice divina” [7] agisse. Il costellatore non metteva in moto nulla con le proprie forze. La percezione era affidata a tutto il corpo, la mente doveva essere passiva, non fare ostacolo, non fare diaframma alla percezione. La volontà doveva avere un tono, quello di volere seguire il procedere della Costellazione, senza porvi proprie intenzioni provenienti dalla mente. La mente era stata focalizzata nella respirazione durante la preparazione e doveva pensare a non pensare, vincolata in questo dalla volontà. Il cervello non era l’organo della percezione, veniva dopo. La Costellazione veniva interrotta dal costellatore, quando percepiva che veniva interrotta. Al solito la Costellazione non veniva ripetuta per il cliente. Il cliente, anche lui immerso nella grande forza e aveva percepito secondo la sua percezione il dire della Costellazione, che poteva benissimo non riguardare le intenzioni con le quali l’aveva vissuta.
Questo è il modo di procedere e di insegnare le Costellazioni spirituali Helling Scoule. Quelle di oggi; le precedenti vengono chiamate Costellazioni familiari classiche. Può diventare costellatore solo una persona con anni e anni di esperienza in Costellazioni.
Dopo la morte di Bert Hellinger tutto il movimento è ora sotto la guida di Sophie Hellinger.
Considerazioni
Nell’esame del valore della parapsicologia si era assunto il postulato che se si trattassero di forze naturali dovevano, a parità di condizioni sperimentali, ripetersi allo stesso modo. Con sagacia si aggirava l’idea di una soggettività variabile del medium o di più medium in un medesimo test, con la garanzia che fossero di fama comprovata, e attestassero per scritto l’esito positivo del fenomeno. Questa ripetibilità fu Piero Angela a sfatarla.
Nelle Costellazioni spirituali emerge, in modo evidente, che la grande forza che agisce è intelligente: dispone la Costellazione come vuole, sceglie i temi che vuole, manovra i personaggi come vuole. La parapsicologia come tesi di forze naturali cede del tutto la sua pretesa naturalità di fronte a un fare intelligente, volitivo. I vari campi morfogenetici (famiglia, lavoro, ecc,), sono facenti parte dell’intera energia dell’Universo, o grande forza, o Coscienza dell’Universo [5]. Tutto si connette con l’intera energia dell’universo, che sottende ogni parte della materia e dello spazio. La denominazione di Cosmic Power (potere cosmico) introdotta da Marie Sophia Hellinger nelle Costellazioni, ne è la prova. La teosofia ha lavorato molto in Bert Hellinger, e si vede il contatto con il Teo te Ching, infatti in Cina usava il termine Tao per indicare la grande forza. [6a] (TaoTC, cap. XIV): “A guardarlo non lo vedi, di nome è detto l’Incolore. Ad ascoltarlo non lo odi, di nome è detto l’Insonoro. Ad afferrarlo non lo prendi, di nome è detto l’Informe. Questi tre non consentono di scrutarlo a fondo, ma uniti insieme formano l’Uno. Non è splendente in alto non è oscuro in basso, nel suo volversi incessante non gli puoi dar nome e di nuovo si riconduce all’immateriale. È la figura che non ha figura, l’immagine che non ha materia: è l’indistinto e l’indeterminato. Ad andargli incontro non ne vedi l’inizio, ad andargli appresso non ne vedi la fine. Attieniti fermamente all’antico Tao per guidare gli esseri di oggi e potrai conoscere il principio antico. È questa l’orditura del Tao”.
(TaoTC, cap. XXV): “C’è qualcosa che completa nel Caos, il quale vive prima del Cielo e della Terra. Come è silente, come è vacuo! Se ne sta solingo senza mutare, ovunque s’aggira senza correr pericolo, si può dire la madre di ciò che è sotto il cielo. Io non ne conosco il nome e come appellativo lo dico Tao”.
Bert Hellinger usava pure, per la grande forza, il termine “anima”, come “anima mundi”, secondo la concezione del Timeo di Platone, ma trovava che era meglio il termine Tao.
Non però devozione per la grande forza, ma solo rispetto, come a realtà gerarchicamente superiore.
La realtà del gerarchicamente superiore, o della precedenza, non pare rispettata dalla grande forza. Essa concede all’inferiore di essere rispettato quando lo si invita a esprimere, in precedenza, il suo problema. Invece no, l’ìnferiore, che pur agisce nel campo morfico non viene rispettato: si fa come vuole la grande forza. Inoltre la grande forza non ha un modello universale per la Legge dell’appartenenza, che è invece , piuttosto da lei adottata, a partire dall’intervento umano, poiché tante sono le differenziazioni culturali di appartenenza circa la famiglia allargata o non allargata, divorziata o non divorziata, e soprattutto inconsistente per la concezione della reinarnazione.
Umanamente religiosi
La Teosofia si propone di ricercare i substrati comuni delle religioni e i frammenti restanti dell’originale sapere occultato. Hellinger fa questo, ma “trova”, secondo il suo giudizio, frammenti, che poi inconcepibilmente stravolge, per affermare un essere “umanamente religiosi”, che equivale ad avere unicamente un sentimento religioso senza domandarsi il perché lo si ha.
1) Questa una proposizione di Hellinger [2d]: “E’ stato Caino ad aver pensato di non essere amato da Dio come suo fratello Abele, non era stato Dio a pensarlo”(Cf. Gn 4,3s).
Hellinger pensa che il Dio biblico sia una proiezione dell’uomo e che perciò agisca come un uomo cessando di amare (L’amore dello spirito, pag. 385). La realtà è che è l’uomo a interrompere l’amore di Dio, rifiutandolo.
La narrazione biblica dice che è Caino che non ha amato Dio, ponendo in sé una barriera. Abele non poneva chiusure, per questo fu gradita la sua offerta.
Non fu gradita l’offerta di Caino perché, priva di amore, e che voleva costringere Dio, sulla base di un’offerta, che doveva essere di gratitudine per l’abbondanza ricevuta, a convalidare la sua affermazione egoista e invidiosa di primogenito. Per Hellinger il diritto di primogenito è una sacralità, ma esso è solo una convenzione basata sul concetto di “vigore maschile della giovinezza” (Gn 49,3; Dt 21,17), e in caso di gemelli, fondata sulla uscita dal “grembo materno” (Gn 25,25). Dio non segue questa convenzione, poiché guarda al cuore (1Sm 16,7.11). Dio non poteva avallare con benefici il disamore di Caino, totale perché non solo contro di lui, ma anche contro il fratello. Caino con l’offerta aveva creduto di potere dominarlo e questa è magia.
Cosa voleva affermare Hellinger, con la proposizione riportata? Certo voleva vulnerare ebraismo e cristianesimo, considerando l’esistenza di antropomorfismi nel linguaggio biblico, per cui Dio si adira, si vendica, per cui Dio è stato concepito a immagine dell’uomo, e considerato come tale. Ma è ben palese nella Bibbia che Dio non è come un uomo (Nm 23,19; 1Sam 15,29; Os 11,9). Hellinger, che aveva studiato filosofia e teologia, ha saputo bene che l’uomo è limitato e perciò usa antromorfismi, conoscendo che sono tali. Dio si adira, è espressione che certo indica una reazione di giustizia in Dio, che non può accogliere, benedire chi lo odia e odia il suo prossimo, altrimenti sarebbe diventato un assurdo fomentatore di ciò che è contro di lui e l’uomo stesso. Ritirando la sua assistenza, Dio pone l’uomo in stato di riflessione, e questo è amore. Dio si vendica, ma non come un uomo. Se l’uomo lo abbandona Dio, che lo lascia sempre libero, lo lascia preda dei suoi consigli, visto che quelli dati da lui sono rifiutati. Dio lascia che il suo popolo, diventato adultero, rimanga vittima delle bramosie degli altri popoli, nei quali aveva confidato, oscurando la fiducia in lui, che si era alleato con il suo popolo, che in primis assoluto procede da lui.
Per Hellinger Caino aveva pensato di non essere più amato da Dio, ma questo lo poteva pensare solo se Dio gli avesse rifiutato il perdono, ma il perdono Caino non l’ha mai chiesto. Ha preteso il perdono senza chiedere perdono. Certo che Caino ha pensato male di Dio, ma solo perché aveva scelto la menzogna. Hellinger dice che invece Dio lo amava. Vero Dio ama, ma il suo amore viene bloccato. Dio non voleva che Caino uccidesse Abele.
Hellinger considera il moto dello spirito che muove l’essere umano ad accogliere con benevolenza “tutto così come è”, superando, in una visione sovrastorica, singoli e collettività (L’amore dello spirito, pag. 100). In tal mondo si evita il dolore, la donazione di sé con il sacrificio, per vincere il male e stabilire il bene. Hellinger presenta un sentimento di benevolenza generico e indifferenziato di fronte a una immagine – panteista e panenteista – di armonia con il tutto cosmico. Facile vedere la benevolenza universale buddista.
Hellinger non considera il dato etico della legge naturale, insita nella coscienza dell’uomo, ed esplicitata nella relazione con gli altri, ma pone il male e il bene dentro il sistema delle relazioni: familiare, ecc. (L’amore dello spirito, pag. 85s). Il male e il bene per lui sono rilevabili dal benessere o meno del gruppo di appartenenza (“coscienza collettiva”), e per ognuno del gruppo dal benessere o malessere personale (“coscienza personale”) in relazione all’appartenenza al gruppo.
Il male ostacola tale benessere ma giunti alla “coscienza spirituale” esso è visto stemperarlo in una logica di equilibrio cosmico, dove annullandosi non impedisce più in nulla il benessere, che si manifesta in una tranquillità fuori dalla storia.
Riguardo all’azione di Caino contro Abele, essa richiedeva il pentimento, perché è il pentimento che segna l’orientamento al bene (2Cor 7,10).
Caino non chiese perdono per il male fatto, preoccupato solo di evitare l’azione vendicativa della famiglia, che lo costringerà alla fuga, ma prima o poi lo raggiungerà nel tempo: “Chiunque mi incontrerà mi ucciderà”. Caino incolpa Dio di non essere capace di perdonarlo solo nella prospettiva della temuta vendetta: “Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono”. Dio bloccò l’azione vendicativa del clan familiare: “Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte”. Senza questa disposizione sarebbe infatti scattata la faida tra il casato di Caino e quello di Set, figlio subentrato ad Abele. Vengono così condannate le faide tribali che non hanno fine (sette volte) e colpiscono pure gli innocenti.
Il testo non abolisce, però, la pena di morte per il colpevole singolo, mediante il “vendicatore del sangue” (Nm 35,20.27). Quale la punizione per Caino, quella che gli veniva dalla sua coscienza macchiata dal sangue.
La posizione di Bert Hellinger è tuttavia ancorata agli Ordini dell’amore: quello della precedenza. Dio rispetta le precedenze per questo Dio amò Caino, contrariamente al pensiero che ebbe Caino.
2) (L’amore dello spirito, pag 379-381). Hellinger giudica i comandamenti di Dio, come fatti dagli uomini e non da Dio. Infatti, argomenta, il comando, circa la conquista della terra promessa, di sterminare gli abitanti di Canaan non ebbe la compassione. La realtà veterotestamentaria è che si trattava di conquista militare, contro città militarizzate. Una conquista territoriale di popoli dediti a idolatria, a sacrifici umani, a sensualità orgiastiche, a magie. La durezza di cuore era in Israele ((Mt 19,8), ma ancor più negli altri popoli, che dovevano vedere come i loro dei crollavano di fronte all’unico Dio. Nel procedere ci fu l’offerta di cambiamento (Sap 12,1s). Hellinger ha trasformato in accusa ciò che aveva imparato circa la pazienza di Dio (Rm 3,25; 9,22). Ha dimenticato la situazione dell’uomo a quel tempo, che non può essere letta con la sensibilità odierna, conquistata grazie a Cristo. Hellinger dimenticò anche la realtà dura, feroce in guerra, degli Zulù: essi non facevano prigionieri. Egli voleva che si aggiungesse al comandamento dell’amore verso il prossimo questa proposizione: “Ama il tuo vicino come te stesso e la sua religione come se fosse la tua”. Chiara la provocazione, perché lui l’amore alla religione degli altri non l’ha voluta; e del resto come amare un sistema religione dai sacrifici umani come quella degli Aztechi?
Hellinger avrebbe dovuto sapere che la Chiesa rispetta le religioni, ma non può condividere ciò che in loro è errore: Idolatrie, cannibalismo, magie, violenze, sacrifici umani. Era stato in mezzo agli Zulù e aveva visto l’azione del suo Istituto che non cercava un approccio se non animato dalla verità e dalla carità.
Hellinger sicuramente aveva letto la “Mistici Corporis” di Pio XII (1943) e la “Pacem in terris” di Giovanni XXIII (1963).
Doveva aver letto la “Lumen Gentium” (1964) e la “Gaudium et Spes” (1965), la “Nostra Aetate” (1965). Hellinger questi documenti li conosceva o li poteva conoscere.
Veramente si è sorpresi. Se uno lascia il sacerdozio, non ci crede più, si sposa in civile, pensa a star bene, a farsi strada, carriera, sceglie di fare lo psicologo o altro, ateo militante, pure: questo ci si può aspettare, non attacchi contorti, che mettono in dubbio l’assetto di una persona.
3) (L’amore dello spirito, 383 – 384): “Nel cristianesimo i santi si sono fatti carico degli dei. Ne hanno preso il posto, in essi gli dei sono risorti”. “Anche il Dio ebraico e quello cristiano sono uno fra i tanti dei”. “Anch’egli ha un sesso. Quando ordina: ‹Non devi avere altro Dio all’infuori di me›, si pone al medesimo livello. Solo uno come loro può essere invidioso”. “La domanda è: esiste qualcosa dietro questi dei? Qualcosa che abbiamo sostituito con gli dei? Non lo sappiamo. Rimane nascosto. Tuttavia se abbandoniamo gli dei siamo aperti per questo a qualcos’altro. Questo addio serve soprattutto alla pace. Gli uomini si differenziano tra loro soprattutto per i loro dei. Si fanno la guerra nel loro nome, qualunque di essi venga venerato particolarmente in quel momento”.
Qui non c’è da precisare nulla, se non quello di vedere un Hellinger militante, accusatore, ben lontano dall’uomo mite e disinteressato che mostrava nelle interviste. Qua ha il tono di un annunciatore dell’esistenza di una divinità nascosta, impersonale/personale, movimento di tutte le cose. L’impressione è che il “Tao Te Ching” divenne, dopo i viaggi in Cina, il punto al quale guardava, pur senza voler diventare Taoista.
4) (L’amore dello spirito, pag. 385): “La storia della creazione nell’Antico Testamento afferma: ‹Dio creò Adamo, il primo uomo, a sua immagine e somiglianza›. Per questo quando l’uomo guarda sé stesso e gli altri uomini vede l’immagine di Dio attraverso di essi. Significa anche che in Dio vede se stesso. Per questo parla con Dio come con una persona e si aspetta che Dio gli risponda e si senta come un uomo. Uguali a Dio non significa quindi che l’uomo è uguale a Dio, ma il contrario: dio è uguale all’uomo”.
La prima osservazione è che essere a “immagine e somiglianza” con Dio non vuol affatto dire essere uguali a Dio. Questa è la tentazione del serpente (Gn 3,5).
Altro punto è che l’uomo non vede “l’immagine di Dio attraverso di essi”, ma in essi.
“Vede se stesso” in Dio, non vuol dire vedere un uguale, ma vedere la fonte creatrice da cui è scaturito. È vedere che è stato creato per amare, per vivere in comunione con gli altri, operare, dominare la natura rispettandola nello stesso tempo, essere concreatore, adattando a se stesso le risorse della terra con il suo lavoro.
“Per questo parla con Dio come con una persona”, ma non “per questo”, ma perché Dio è una realtà personale. “Si aspetta che Dio gli risponda”, vero, ma la narrazione biblica dice che Dio è stato il primo a parlare all’uomo stabilendo con lui un’alleanza d’amore, non costrittiva, ma di dono di sé. A lui Dio sottopose la terra, potendone mangiare di tutti i frutti degli alberi del giardino, cioè le risorse della terra, conosciute, nella bellezza e nell’acume della scienza, e utilizzarle con il suo ingegno.
“Si senta come uomo”; Dio è Dio non può sentirsi come uomo, tuttavia ha voluto anche sentirsi come uomo per il mistero dell’Incarnazione, che Hellinger ben conosceva, Proprio non si capiscono le sue parole.
Poi la caduta finale di ogni stile, se intendeva interpellare la narrazione biblica: “Dio è uguale all’uomo”.
“Che ne è di noi e di Dio dopo che lo abbiamo creato a nostra immagine e somiglianza?”. Chi abbia pensato questo si presenti. Certo il popolo ebraico e i cristiani, e aggiungiamo i musulmani, mai lo hanno detto né pensato.
“In lui viviamo i nostri impulsi più sublimi, ma anche quelli più primordiali. Ad esempio giudicando gli altri nel suo nome, augurando loro del male e sperando che Dio si vendichi su di essi”. In Dio non c’è il male. Egli conosce certo il male, ma il male non ha potere su lui, su di noi si; perché il male ci afferra, ci lega e solo la misericordia di Cristo, vero Dio e vero Uomo può liberarci. I comandamenti, non comandano il male ma il bene. È seguendo il serpente che l’uomo commette il male, e il primo male è scegliere il serpente come maestro. Hellinger guarda al Vecchio Testamento, non alla pazienza di Dio che ci ha tratto, prima parlando alla nostra scorza, poi a cuore, dalle tenebre del pensare Dio come vuole il serpente.
5) (L’amore dello spirito, pag. 387): “L’altro Dio – se esiste – è diverso dal Dio che ci ha creati a propria immagine e somiglianza e che noi abbiamo creato a nostra immagine e somiglianza”. Il discorso precedente non gli fornisce un caposaldo, poiché non approda a nulla, sia perché ha il dubbio circa l’esistenza di Dio, sia perché è finito dentro un circolo vizioso: “Affermando ciò anch’io creo un altro Dio in base a un’immagine, perfino a mia immagine. Quest’immagine è quindi sbagliata come qualsiasi altra”. Posto che Dio se lo è immaginato l’uomo, ci si trova di fronte a una pluralità di immagini, senza potere decidere quella valida.
“Come possiamo crearci un’immagine – se esiste – di lui o di ciò che sentiamo agire con potenza dietro tutto?”. Qui Bert Hellinger guarda al “Tao te Ching” di Lao Tse, che presenta il Tao come flusso, movimento, di energia cosmica, e nello stesso tempo gli dà inevitabili connotati personali, sui quali, tuttavia, non si può dire nulla, poiché il Tao è del tutto inconoscibile, e quindi sfuma nell’impersonale. L’ambiguità del Tao è nell’essere concepito nel contempo come impersonale/personale/energia cosmica, in connessione panteista e panenteista al cosmo visibile. Il Taoismo ha uno scopo in tutto ciò, quello di entrare e rimanere in una bolla benessere, ottenuto attraverso l’armonizzazione al movimento cosmico del Tao.
Hellinger dovrebbe avere culto per il Tao, pur così sfuggente, ma Hellinger non ha accettato nessuna religione. Egli ha rispetto, ma non culto per la forza cosmica.
“Che effetto scaturisce se rinunciamo a quell’immagine consapevoli della nostra impotenza e dei nostri limiti? Riflettendoci anche questa è un’immagine. Anche in questo modo non riusciamo a sottrarci alle nostre immagini”. Hellinger vorrebbe vedere Dio, ma essendo uomo non può che farsi un’immagine di lui, e quindi si dichiara impotente.
L’errore di Hellinger è pensare che Dio non si sia rivelato all’uomo, usando parole dell’uomo, ma vere, perché l’uomo può avere concetti veri, pensieri veri. Vorrebbe vedere Dio, ma per la visione di Dio, desiderata (Ps 41/42,3), bisogna varcare le porte della morte.
“Cosa ci rimane se vogliamo parlare di Dio e del mistero dietro tutto ciò che esiste? Solo l’impotenza. Ma è proprio attraverso di essa che troviamo la nostra essenza, siamo veramente umani e – umanamente religiosi”. “Umanamente religiosi” perché – ma questo Hellinger non lo ha voluto pensare – il problema di Dio accompagnerà sempre ogni uomo e ogni donna. “Umanamente religiosi”, perché Hellinger ha rifiutato ogni religione, ma non ha potuto negare il sentimento religioso, del quale non ha voluto pensare sul perché esista così tenacemente e universalmente.
L’itinerario per diventare “costellatore”
I costellatori non hanno alcun titolo accademico in merito. Hanno soltanto una patente data dalle loro scuole di formazione. Tali scuole sono affiliate all’Università Popolare Sociale, che ha valore privato per la divulgazione delle conoscenze e abilità professionali: ECP “Educazione continua professionale”. La frequenza ottiene un attestato presentabile alle scuole pubbliche e private, come corso formativo, ma assolutamente non come Master. A tale Università popolare appartiene l’Università della terza età. Molto importante per il movimento è la “Université Européenne Jean Monnet” a Bruxelles: un’associazione internazionale privata senza scopo di lucro, con radice a Bruxelles. Essa risale al 1995. I titoli rilasciati dalla Jean Monnet sono solo professionalizzanti. L’Università svolge lezioni in italiano e in inglese, anche on line. Le scuole per le Costellazioni Hellinger, sono collocate nell’ambito di un attestato di Counselor Olistico: Operatore Olistico rivolto al benessere psico fisico, al miglioramento delle relazioni attraverso lo sviluppo della consapevolezza di sé e l’utilizzo delle pratiche Olistiche, con possibilità di un tesserino A. S. I. (Associazione Sportiva Arti Olistiche): È l’ambito delle cosiddette medicine alternative.
Conseguenze per i partecipanti alle Costellazioni
Il problema maggiore è venire a contatto con situazioni sorprendenti e indesiderate, traumatiche anche, senza una storia documentata, ma aderendo a una fenomenologia sfuggente. Il raccordo intelligibile con l’esperienza della propria realtà, viene compromesso. Il pensiero che la consapevolezza sia di per sé liberatoria, è convinzione consolidata in psicoterapia, ma bisogna vedere il modo a cui si giunge a tale consapevolezza. Inoltre non è sufficiente la consapevolezza, poiché occorre che sia data una ragione di vita, un programma di vita, che invece finisce per essere di semplice benessere sottraendosi al dolore. Il processo del transfert tanto studiato in psicoanalisi corrisponde al desiderio del paziente di avere un modello di vita. Il terapeuta, calmo, ricco di conoscenze, sorridente appare il modello ricercato, ed è per questo che tale attaccamento va fatto superare.
La morale comportamentale data dalle Costellazioni classiche o spirituali è quella di mantenersi in una sfera dove il dolore non abbia incidenza. Si può uscire da una Costellazione beati di avere avuto accesso a un sapere superiore, a una consapevolezza liberante, ma in termini oggettivi questo dura poco perché il costellato deve poi prendere il cammino con uno psicoterapeuta, rivelandosi la Costellazione una inutilità pratica. Il rischio reale è quello di subire una iniziazione a una concezione della vita secondo la New Age.
La reincarnazione, che potrebbe essere lasciata da parte seguendo l’esempio di Gustav Jung, viene adottata perché il karma è detto estinguersi nella Costellazione. L’albero genealogico diventa una pura convenzione se si adotta la reincarnazione, poiché la coppia genitoriale, data la reincarnazione, è relativa, come pure i figli sono relativi.
Il modello occidentale, quando recepisce la reincarnazione, diversamente dal contesto induista e buddista, la vede non in termini punitivi per un karma da scontare, ma in termini di opportunità poiché in tal modo si può accedere alla realizzazione di sé con più cicli di buona esistenza. Anzi con la piacevolezza di vivere le future conquiste tecnologiche. Come interrompere allora il karma occidentale, se proprio si vuole? Attraverso la Costellazione dice Hellinger.
Entrano in gioco fattori di rilassamento yoga, di rinuncia il più possibile all’attività mentale (ragionamento) per porsi in uno stato di passività dove la risonanza col campo morfogenetico avviene per mezzo delle cellule di tutto il corpo, per dire che la mente deve rimanere il più possibile in stato di inattività. Lo stato di fiducia di avere accesso operativo al campo morfogenetico dà credito al costellatore che vi è pure lui connesso.
Non si ha la maturazione di un processo personale che sarebbe veramente terapeutico. Ma le costellazioni da molto tempo non si presentano come fatto terapeutico, se non a livello di consapevolezza e di infusione di parole e di gestualità dei rappresentanti di scienza, che entrano nel profondo della coscienza, anzi sono programmate per entrare alle massime profondità. Chiaro che elaborare poi tutta questa esperienza a carattere di rivelazione, spesso sgradite, è ben difficile, se non impossibile riuscirci. La realtà è che si è stati immessi in una vera e propria iniziazione.
Le cause del fenomeno
L’uomo di oggi vive in una cultura che Giovanni Paolo II ha chiamato di morte. Le ferite psicologiche sono enormemente aumentate e si cerca salvezza dove un sorriso accattivante, che presenta un sé risolto, ti promette di trovarla, e non la trovi. Le Costellazioni familiari sono basate sulla relazione, e trascurano l’essere. Non si dà risposta a chi è l’uomo, se non dicendo che l’uomo è la relazione. Impostando poi antropologie destrutturanti. Sono di un’importanza assoluta le parole della Scrittura: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”, cioè essere capace di relazione, poiché Dio è essere e relazione tra tre Persone.
Resta suggestivo il pensiero di essere come Dio, nella conoscenza, nelle capacità, fino al punto di pensarsi autocreatori attraverso percorsi di esperienze nel bene e nel male dalle quali si ha l’illusione di trarne una sintesi superiore autorealizzante, ma il male afferra, non libera.
Le Costellazioni classiche e spirituali nascono da una domanda di salvezza che oggi è diventata quanto mai angosciosa. Le Costellazioni si sono attuate non di colpo e non sono solo esse ad essere in azione. In azione c’è tutta la cultura di morte contemporanea, che propone salvezze destrutturanti. con percorsi di penetrazione psicologica incapaci di dare un modello di vita. Il grande problema dello psicanalista è dare un modello vita. Ricordo di un terapeuta psicanalitico che inviava i suoi pazienti a un frate di grande carità e gioia intima pur nella sofferenza, dicendo: “Io analizzo, porto a consapevolezza, ma poi non so riempire di valori”. Il rapporto tra psicoterapeuta e il sacerdote è quanto mai augurabile, là dove il paziente dimostra di essere un credente. Lo psicoterapeuta sarebbe più psicoterapeuta, più consapevole dei confini della sua azione.
I percorsi di assistenza psicologica sono importanti e danno un vero supporto. Facilitano la comprensione dei traumi, delle difficoltà.
Nelle Costellazioni classiche e spirituale chi guida è l’idea di essere in un campo morfogenetico. Il costellatore deve stare il più possibile in dipendenza di questo campo, perciò a lui si raccomanda di non porsi come leader. Il problema è il sistema, che veramente si può paragonare, come già è stato rilevato, a una ritualità sciamanica in chiave moderna, dove lo sciamano è il costellatore, in mutate vesti, che agisce, senza agire, è il “wei wu wei (為無為), agire il non agire” del Taoismo. Il costellatore è presente, come colui che dà il via all’accesso al campo morfogenetico, ma si ritira, per lasciare agire la grande forza nel cliente, che segue i moti e le parole dei rappresentanti della messa in scena, e segue anche se stesso, le sue concomitanti percezioni. Il cliente non riceve altro se non quello che ha percepito essendosi immerso con la percezione di tutto il corpo nel campo morfogenetico o morfico, Con ciò è stato lanciato nella sensazione di essere oltre lo spazio e il tempo; infatti gli irretimenti che gravano sul cliente non giungono per via storica, ma da campi energetici, con capacità di memoria e di influenza, in reazione a una distonia ricevuta in essi. I campi energetici sono fuori del tempo e dello spazio poiché rendono presenti situazioni passate e situazioni presenti, e accadute in spazi diversi. Il cliente ha un accesso fittizio a una consapevolezza metastorica della ragione dei suoi mali. Tutto viene recepito come una rivelazione. Vietato ragionarci sopra, esattamente come con il Taoismo, ben conosciuto da Sophia Helliger, e Bert Hellinger. (Chuang Tzu, libro VII, cap. XXII) afferma che solo l’esperienza mistica, costituita dall’insorgere delle sensazioni subliminali e inconsce, fa conoscere il Tao [6b]: ”Questo è il Tao! Allora per comprenderlo perfettamente non ci vuol sapienza, per discernerlo non ci vuol intelligenza: il santo ne fa a meno”.
(TaoTC, cap. V): “Parlar molto e scrutare razionalmente vale meno che mantenersi vuoto”.
L’amore, segnato dagli Ordini dell’amore, che vanno rispettati, pena il disordine registrato cosmicamente, e che si riflette come dolore presso uno o un altro dell’ambito familiare o anche lavorativo, sono modellati ricavati da aspetti delle varie culture forgiate dagli uomini, e non su di un archetipo cosmico eterno. Per cui gli Ordini dell’amore non valgono più fuori di un ambito culturale: per Hellinger è quello occidentale.
Nessuna possibilità di ritornare ad essere costellato, per riverificare la propria esperienza. L’unica via è lo psicologo, permanendo nell’illusione di avere avuto accesso a una sfera di superiore consapevolezza, che creerà problemi al terapeuta, anche se il soggetto non vorrà mettere in discussione la Costellazione: storia e mistica quantica non stanno insieme.
Il terapeuta che viene a volte raccomandato, è regolarmente dotato di titolo accademico, e di iscrizione all’albo, ma è stato un assistente nelle Costellazioni, per cui tutto procede di conseguenza, senza che il cliente possa trovare un alleato alle tante obiezioni che gli possono benissimo affiorare. La ramificazione viene così garantita.
Note
[1] https:/it.wikipedia.org/Bert_Hellinger#In_terra_di_missione,_in_Africa
[2a; 2b; 2c; 2d] Maura Agostini 3/06/2019. Tesi presso “Université Européenne Jean Monnet” A.I.S.B.L – Bruxelle – Belgique Course De Formation Professionelle. Directeur de thése Bert Hellinger; Matr. n° 2488. Giugno 2010).
[3] Per Hellinger “amore cieco” sarebbe l’insieme dei movimenti affettivi inconsci, che non vedono le inutili conseguenze del loro agire. È detto anche ignorante, per questo. Hellinger, non ha un’antropologia su chi è l’uomo, e ha smarrito quello che sapeva e insegnava: L’essere umano è fatto a immagine e somiglianza con Dio (Gn 1.26), e che Dio è Amore (2Cor 13,11; 1Gv 4,7-8.10.16); perciò l’uomo ha insita in sé la legge, già a livello di natura, dell’amore (Rm 2,14-14; 2,27). Per Hellinger l’amore – meglio dire, nel suo caso, armonia cosmica – proviene come moto da “una grande forza creativa”: chiaro il parallelo con il Tao te Ching.(L’amore dello spirito, pag 289): “Deve trattarsi di qualcosa di spirituale. Ma non come lo spirito umano. Lo possiamo osservare. Infatti possiamo vedere che tutto ciò che è si muove. Tutto è in movimento, in un movimento generativo. Dietro c’è una forza generativa, infinitamente generativa. È questa la vera forza”. Tuttavia Hellinger dice che la forza generativa è connessa alla nostra “corresponsabilità”. “Qualcosa di diverso da noi avviene attraverso noi”. Si tratta dal punto di vista filosofico di panteismo e panenteismo, come troviamo nei tre mistici-filosofi a cui fa capo il Taoismo (Lao Tse; Lie Yukou o Liezi; Chuang Tzu) [6c].
[4a; 4b; 4c] archive.org/web/20170710111352/http://www2.hellinger.com/home/familienstellen/das- familienstellen-von-den-anfaengen-bis-jetzt/
[5] https://www.youtube.com/watch?v=0IoM73E8KRE
[6a; 6b; 6c] ../miti/taoismo.htm
[7] https://www.youtube.com/watch?v=IH5cZzSMMng